Il comunismo dei tamburini

E siamo a due. Due biciclette rubate sotto casa nel giro di un mese, in una Firenze sfibrata dalle polemiche tra i pro-lavavetri, gli anti-tramvia, gli anti-sounasegaio e un'amministrazione comunale che per molti si muove sempre e comunque in direzione ostinata e contraria. Nella Firenze di Leonardo Domenici e di Graziano Cioni, messi definitivamente in archivio il gusto del bello di Brunelleschi, l'acume politico di Machiavelli e la vis polemica di Savonarola, ogni notte è una notte bianca popolata da orde di puttane e ubriachi, le strade della periferia sono il teatro di sfide all'ultimo centimetro cubico fra emuli di Alonso e Raikkonen, pisciatoi a cielo aperto, campi di calcio improvvisati. E io sono confuso. Si, sono confuso, e la mia è una confusione politica, un'autentica crisi di identità, perchè in una realtà simile non capisco più chi o cosa dovrebbe rappresentarmi. Il nascente Partito Democratico ha in grembo i valori nei quali mi sono riconosciuto per tutta la mia vita, ma il suo nucleo sarà costituito da quegli stessi personaggi, dirigenti dei Democratici di Sinistra e della Margherita, che per governare questo strampalato Paese hanno bisogno dei voti della sinistra estrema, devono scendere a patti con il comunismo dei tamburini.

Il tamburino comunista, in forma contratta tamburista, è facilmente riconoscibile: se è donna ha calze multicolore, gonna patchwork, camicetta etnica, foulard equo-solidale e balla al ritmo di canzoni partigiane delle quali ignora profondamente il significato; se è uomo ha jeans sdruciti, camicia a quadri, giacca di velluto, sciarpa andina e suona i bonghi senza avere un cazzo di senso del ritmo; se è parlamentare è Caruso. Insomma, il tamburista è quel soggetto che non analizza i fenomeni sociali a 360 gradi, al massimo arriva a 30 o 40 e per giunta senza risciacquo. Dice che i provvedimenti legalitari di Cofferati a Bologna e di Domenici a Firenze sono fascisti, perchè bisogna accogliere tutti, bisogna esercitare la solidarietà verso chi sta peggio di noi. Ed è vero che la sinistra ha sempre avuto nella sua anima solidale uno degli aspetti più felici della sua esistenza, ma io mi chiedo come sia possibile definire solidarietà una politica che è invece lassismo, incuria, miopia e incapacità di gestire la cosa pubblica. Non capisco dove stia la solidarietà nel pretendere che si lascino entrare in Italia decine di migliaia di poveracci per poi lasciarli nelle mani degli sfruttatori o abbandonarli a se stessi a vivere di elemosina.

Mentre scrivo queste righe, di pancia, so benissimo che mi si potrebbe definire un qualunquista, uno di quelli che sparano nel mucchio, che dall'alto del loro scranno di mini-borghesi o pseudo-ricchi si rifugiano nella difesa del proprio orticello innalzando la bandiera della tolleranza zero. Ma non è così: non sono Pier Paolo Pasolini, però anche io so pur non avendo né prove né indizi. Mi basta informarmi, osservare la realtà che mi circonda, collegare fatti tra loro solo apparentemente slegati. So che importare nuovi poveri e renderli ancora più poveri è un crimine contro l'umanità, tanto quanto lo sarebbe ignorare le emergenze umanitarie del Congo, del Darfur o dello Sri Lanka. So che i nuovi poveri sono costretti, per sopravvivere, a muoversi al margine della legalità, a prendere il peggio della nostra cultura, a vivere gomito a gomito con delinquenti italiani da strapazzo. So tutte queste cose. E ho una speranza.

Spero che le mie biciclette le abbia prese un immigrato povero, uno di quelli miti, che quando li incontri quasi si scusano di esistere, di disturbare. Spero che abbia fatto tutto da solo e che sia riuscito a rivenderle a un prezzo tale da permettergli di dare da mangiare per un po' alla propria famiglia. Lo spero e gli chiedo scusa. Gli chiedo scusa perchè io sono italiano, proprio come il tamburista, come colui che lo illude e lo violenta, giorno dopo giorno. Se invece le mie biciclette le ha prese un professionista, uno dei tanti ladri di biciclette italiani o romeni, a lui mi rivolgo soltanto con le parole di Antonio Albanese: "Prego madre natura di infradiciarti di emorroidi, di darti emicranie continue e nausea dirompente. Prego madre natura di farti muto, ma non per sempre, minchia, muto ma non per sempre. Che la voce ti venga sporadicamente per pochi secondi nei quali tu spari delle cazzate immani. Prego madre natura di farti cieco, ma non per sempre, minchia, cieco ma non per sempre. Che la vista ti venga sporadicamente per pochi secondi, proprio nel momento in cui ti trovi davanti a uno specchio, cosicchè tu sia costretto a vedere quella gran faccia di culo che ti ritrovi!"

posted by Schloss Adler @ 15:09,

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