Dedicato a M.

Invincibile ArmataNon scrivevo da un bel po' di tempo. Non che i lettori di questo blog si siano strappati le vesti di dosso per questo: sono quattro o cinque in tutto, come i giorni importanti nella vita di un uomo secondo Flaiano, sono miei amici, li incontro quasi quotidianamente e se non scrivo sanno perchè. Per i pochi avventurosi che capitano qui per caso, dirò invece che non scrivo da oltre un mese per una serie di motivi: a) in Politica non vedo nulla di buono all'orizzonte, anzi sento puzza di inciucio, l'ennesimo: WV, be careful, I'm watching you! b) non ho nulla di cui lamentarmi per quanto riguarda il mio Lavoro: dopo quattro anni di continui ondeggiamenti fra l'Inferno e il Purgatorio, sono approdato in un'isola felice: forse non è il Paradiso, non è l'Ottimo Paretiano, ma se mi guardo intorno vedo che non c'è molto di meglio nè nella "Fazenda" per la quale lavoro nè altrove; c) i miei progressi, da quando in agosto sono tornato a prendermi cura del mio corpo e seguo le istruzioni di un medico d'altri tempi, uno di quelli che vedono ancora il paziente prima della patologia, sono stati notevoli: il mio fegato sta molto meglio, e con esso il mio spirito; d) last but not least, mi sono regalato delle ambizioni, delle speranze, dei sogni: ho deciso di rimettermi a studiare, di portare a compimento il "Progetto Seconda Laurea", avviato nel 2004 e poi buttato nel dimenticatoio per tre anni.

Ho fatto tutto come mio solito: velocemente, molto velocemente. Tornato il 2 ottobre da un viaggio meraviglioso nelle terre di BelgiOlanda, uno dei più belli fra quelli fatti finora con M., il 7 avevo già deciso di rimettermi sui libri e il 12 la pratica poteva dirsi già chiusa, con le tasse pagate e i libri per il primo esame del "nuovo corso" acquistati: Storia Economica dell'Età Pre-Industriale, uno studio che copre un periodo di sette secoli, dall'XI al XVIII. Ho iniziato a studiare il 14 ottobre, l'esame si sarebbe tenuto il 21 novembre: cinque settimane per 500 pagine, dopo anni di ruggine potevano bastare solo a condizione di un impegno assoluto. Per cinque settimane non c'è stato cazzeggio nel dopolavoro e nei fine settimana: ho stretto la mano di Carlo Maria Cipolla, il mio Cicerone, e mi sono lasciato guidare attraverso sette secoli d'Europa. Ho visto Ottone il Grande sbaragliare i Magiari nella battaglia di Lechfeld (955) e avviare la rinascita del Vecchio Mondo; ho visto le navi di Genova veleggiare verso Bruges (1295) ; ho visto l'ecatombe della Pesta Nera (1348-1351), 25 milioni di morti su una popolazione complessiva di 80 milioni di europei: il "sogno interrotto" del Duomo di Siena è ancora lì a farne testimonianza; ho visto la Firenze di Lorenzo, godereccia e incapace di guardare al futuro, spazzata via da Carlo VIII, re di Francia, poco dopo la morte del Magnifico (1494); ho visto la Spagna arricchirsi con l'oro delle Americhe e crollare miseramente, vittima della propria mentalità hidalghesca (1550-1650); ho visto l'Italia ammalarsi, strozzata dai "lacci e lacciuoli" delle Corporazioni, soffocare vittima della sua stessa inefficienza (1550-1650); ho visto l'Inghilterra e i Paesi Bassi arricchirsi sui mari, dapprima pirateggiando e poi trafficando in tutto il mondo con le loro East India Company e Vereenigde Oostindische Compagnie (1600-1700).

Ho visto tutte quelle cose e il mio cuore non riusciva a contenere la gioia della scoperta, poi ho dovuto salutare Cipolla, il mio nuovo amico, non senza versare una lacrimuccia, e sono andato all'esame. Ho raccontato tutto a un Professore splendido, una persona colta, mite, educata e di certo un po' umiliata dalla studentaglia a vita bassa, dalla necessità di alzare la produttività degli Atenei italiani, che devono sfornare ignoranti cosmici con lode solo per stare sul mercato, i futuri Lorenzo Cesa e Michela Vittoria Brambilla, persone incapaci di esprimere un concetto eppure additati come autorità morali, politiche, economiche. Mentre parlavo, il Professore sorrideva compiaciuto se citavo Guicciardini o Nuñez de Castro per spiegare la realtà italiana del XV secolo o quella spagnola del XVII vista con gli occhi dei contemporanei. E alla fine, prima di congedarmi, mi ha fatto un grande complimento, definendo la mia preparazione "ampia e approfondita". Un grande complimento perchè, a pensarci bene, non ci sono altre dimensioni possibili nell'esplorazione della conoscenza: si possono sapere molte cose superficialmente, oppure si possono sapere poche cose in maniera molto approfondita o infine, cosa più rara, si possono unire le due cose. Non so quanto valga, in termini scientifici quell'affermazione, se sia "ripetibile" o "misurabile", ma in reltà non m'importa molto: per me ha avuto un valore altissimo, più alto del 30 vergato sul mio libretto. Quelle parole mi hanno ripagato di uno sforzo notevole e mi hanno confermato che il Lavoro, per quanto infame e alienante, non è in grado di distruggere una persona nella sua essenza più profonda: la volontà di migliorare. Per fortuna.

Di fortuna ce ne vuole molta nella Vita, soprattutto nell'essere circondati dall'affetto degli amici e dall'amore del proprio partner. Ma la fortuna non spiega tutto, anzi, in certi casi non spiega un bel niente: i rapporti con le persone bisogna coltivarli lavorando duro, soprattutto su se stessi. Accettare l'altro per accettare noi stessi: è questa la grande lezione. Una lezione che ho appreso soprattutto grazie a M., un concentrato esplosivo di bontà, amore, pazienza e felicità tenuto insieme da una meravigliosa e rarissima tendenza alla confusione tout-court. Quella confusionarietà fantasiosa e tutte le altre doti che rendono M. unica, solo un anno fa l'avrei odiata: adesso mi mancherebbe tutto tremendamente, non potrei vivere senza. M. mi è stata vicino in queste ultime settimane come solo chi crede fortemente in un progetto comune può fare: il mio esame era diventato il suo esame, la mia fatica sui libri era la sua fatica nello sgravarmi di qualunque compito superfluo, il dolore delle mie corde vocali nel ripetere le lezioni era il dolore dei suoi timpani nell'ascoltarle. Il mio 30 è per M., il più amabile Testone che io conosca.

posted by Schloss Adler @ 11:23,