Le rotte del cambiamento

Lo scorso 27 aprile l'Assemblea ordinaria della Banca Monte dei Paschi di Siena Spa, presieduta da Giuseppe Mussari, ha approvato il bilancio di esercizio al 31 dicembre 2006, chiuso con un utile record a oltre 900 milioni di euro, il miglior risultato della storia per la banca più antica del mondo. In quell’occasione, gli organi di informazione si sono soffermati sui commenti rilasciati da Mussari in merito alla questione della senesità della banca, da più parti considerata un vincolo alle ambizioni di crescita dell’azienda. Il presidente di Banca MPS ha ricordato di aver "detto e ripetuto con chiarezza ai mercati che non esiste un fattore senese di resistenza al cambiamento o peggio che ci obblighi all'inefficienza", aggiungendo poi che "il radicamento territoriale della banca, che è si senese ma certamente nazionale, è invece di per se un fattore competitivo" e concludendo, quasi infastidito, che "il tempo è galantuomo ed è la migliore medicina contro le interpretazioni stravaganti sull'isolamento del Monte e lo vedremo su tante altre partite".

Prima di spiegare ai mercati che la senesità non è un vincolo alla crescita, occorrerebbe spiegare cosa sia la senesità. Una buona sintesi del concetto può essere liberamente tratta da un forum intitolato significativamente "Siena ai senesi": "La senesità è una prerogativa di nascita. Chi non nasce e non matura a Siena, vivendo da sempre nel contesto contradaiolo, apprendendo durante la crescita quell’immenso bagaglio orale trasmesso alle nuove generazioni da quelle più vecchie, non potrà mai capire del tutto l’essere senese. Del bagaglio orale fanno parte anche quei legittimi nocchini che da cittarelli, prima o poi s’è chiappato tutti, quelle volte in cui s’è sgarrato. Ma più importante in assoluto, è il comportamento da tenere all’interno della contrada: saper stare ciascuno al proprio posto. E bisogna saper stare al proprio posto anche quando si parla: quando si ragiona di Palio e contrade, se le cose non si sanno, prima di dire qualche scemenza, è sempre meglio tenere la bocca chiusa. Essere senese ed essere contradaiolo è una cosa sola. Chi molto semplicemente non mette al primo posto la sua appartenenza a Siena e alla balzana, chi non ricorda con orgoglio la battaglia di Monteaperti, sarà sempre un alieno, intruso sia per Siena che per le contrade e per il Palio".

Ha ragione Mussari: non esiste alcun fattore senese che freni il cambiamento, quando serve basta un legittimo nocchino e tutto s'aggiusta.

posted by Schloss Adler @ 19:13,

The Man Who Sold The World

Ieri ho sentito Piero Fassino, durante il Congresso dei DS, pronunciare parole bellissime: "Io sono nato eterosessuale ma non mi sono mai interrogato sulle scelta della mia sessualità. Ed è questo il motivo per cui considero scioccante la posizione della Chiesa, la quale dice che l'omosessualità è peccato, Tenuto conto della separazione tra stato e chiesa, è imperativo che i politici mantengano un certo riserbo in materia religiosa. Detto questo, come la maggior parte dei miei compatrioti, ho davvero una grande considerazione e grande rispetto del Papa e di ciò che rappresenta. Quanto alla questione della famiglia e delle coppie omosessuali, l'ho detto molto chiaramente: non sono né a favore del matrimonio degli omosessuali, né dell'adozione da parte delle coppie omosessuali. Questo però non significa che io neghi la realtà e la legittimità dell'amore omosessuale. Non ha minore dignità dell'amore eterosessuale. Penso semplicemente che l'istituzione del matrimonio, per mantenere un senso, debba essere riservata agli uomini e alle donne. Penso, allo stesso modo, che una famiglia sia costituita da un padre, una madre e dei bambini. Propongo di creare un contratto d'unione civile che garantisca la perfetta uguaglianza con le coppie eterosessuali sposate, per quanto concerne i diritti alla successione, fiscali e sociali".

C'era anche Silvio Berlusconi, ieri, ad ascoltare Piero Fassino, un Berlusconi talmente affascinato dalle parole del segretario dei DS da spingersi ad affermare che "della relazione di Fassino mi è piaciuto questo respiro innovatore e poi le riforme verso una direzione socialdemocratica e direi anche liberale. Per il 95% del discorso quasi quasi sarei pronto a iscrivermi anche io a un partito democratico che nascesse coerentemente ai principi enunciati". Poi mi sono svegliato di soprassalto, madido di sudore, e ho realizzato che quelle belle parole non le aveva pronunciate un uomo di sinistra italiano, Fassino, ma un uomo di destra francese, Sarkozy, e che Berlusconi era felice perchè ancora una volta l'ha tirato nel culo a tutti: chiamato a difendere l'italianità di Telecom, otterrà in cambio l'ennesimo rinvio sine die della legge sul conflitto d'interessi.

posted by Schloss Adler @ 15:10,

Giginu 'u miagliu du Cimbalinu

Sono uno dei tanti meridionali della diaspora moderna, un calabrese di quelli emigrati verso il norditalia per affrancarsi culturalmente, più che economicamente, dalle sabbie mobili di una realtà per la quale Giustino Fortunato coniò la definizione di "sfasciume pendulo sul mare". Come tanti miei compagni di viaggio, non sono tornato a casa dopo aver completato gli studi universitari: ho trovato un buon lavoro, uno di quegli impieghi che ancora possono considerarsi "posti fissi" e mi sono fermato a quasi un giorno di viaggio dal paesello d'origine. Le visite agli amici di un tempo, ai parenti, coincidono ormai da anni con il calendario delle "feste comandate": Pasqua, Ferragosto, Natale, Pasqua, Ferragosto, Natale, Pasqua... Un'infinità di chilometri macinati in treno, in autobus e in auto in più di un decennio.

L'ultima volta che sono stato a casa, mio cugino mi ha propinato l'ultimo tormentone locale: questo video in cui Totonno Chiappetta, poliedrico artista cosentino che vanta discreti successi sulla scena teatrale e televisiva nazionale, canta tra il serio e il faceto le lodi di tale "Giginu 'u miagliu du Cimbalinu". Stando alla didascalia che introduce il video, Giginu è un personaggio che appartiene a "quell'area grigia del secondo dopoguerra, [che] oggi appare romantica e perduta perchè personaggi come Gigino sono in fondo innocui nella loro millantata violenza." Il testo della canzone, l'ambientazione e il periodo storico di riferimento fanno pensare che Chiappetta si sia ispirato, in realtà, non tanto a un generico Giginu, quanto a una figura tristemente nota nella città dei Bruzi: Luigi Palermo detto 'u Zorru, un personaggio da romanzo che aveva assunto quel suo strambo nomignolo, Zorro, dal segno di una ferita a forma di Z inferta col coltello sul viso di un avversario

Negli anni settanta la malavita cosentina era governata da questo boss all'antica i cui interessi principali risiedevano nel contrabbando di sigarette e nello sfruttamento della prostituzione, attività quest'ultima che gli valeva il disprezzo delle 'ndrine (famiglie) e dei locali (raggruppamenti di famiglie) del resto della Regione, dal Crotonese al Vibonese passando per il Reggino. La malavita cosentina era rozza, i contrasti venivano spesso risolti a coltellate o con improbabili duelli a colpi di rivoltella, scimmiottati dai peggiori film dell'epoca. Giginu Palermo regnava incontrastato sul locale cosentino e quindi sulla città, trascorrendo le sue giornate al Bar Nettuno di via Montesanto, al Bar Cimbalino di Piazza Riforma o al Caffè Luciani di Piazza Valdesi, osservatorio privilegiato, quest'ultimo, sul quartiere a luci rosse della città, Santa Lucia. Era senza dubbio un uomo di rispetto, 'u Zorru, uno che come canta lo stesso Chiappetta portava "a ru mignolo l'anello", segno di rispetto, "e na tufa (pistola, n.d.a.) 'ntru borsello", segno di potere e forza. Giginu Palermo era solito ripetere agli inquirenti, che di tanto in tanto lo convocavano in Questura, che Cosenza era, in fondo, "una città stabile e serena, dove si sta bene, dove è tutto a posto": era vero, non vi erano spargimenti di sangue, non vi era violenza diffusa, fors'anche a causa della ferma opposizione del boss all'introduzione sul territorio dell'attività sulla quale le cosche del Reggino e del Vibonese già prosperavano, ovvero lo spaccio di sostanze stupefacenti.

E così, mentre 'u Zorru regnava sulla città apparentemente tranquillo, gli uomini a lui più vicini già sgomitavano per ereditare il suo scettro e accordarsi con le cosche del resto della Regione per incrementare i traffici illeciti nel territorio cosentino. Il 14 dicembre 1977, due killer freddarono Giginu Palermo nei pressi del cinema Garden: con la scomparsa del vecchio patriarca, la malavita cosentina sarebbe cambiata per sempre. Palermo era infatti l'ultimo esponente di una malavita timorata del potere costituito: i delinquenti conoscevano uno ad uno "gli sbirri" e temevano il loro coraggio, quando li incontravano li salutavano levandosi il cappello. Erano 'ndranghetisti anomali, che agivano quasi alla luce del sole, i loro modesti traffici erano tollerati, se non addirittura visti di buon occhio dalla stessa popolazione. I successori di Luigi Palermo trasformarono profondamente il locale 'ndranghetista cosentino, introducendo sul territorio lo spaccio di sostanze stupefacenti, promuovendo delitti sempre più efferati, come quello del direttore del carcere cittadino, Sergio Cosmai, assassinato nel 1985 e in generale cercando di agire secondo una più stretta aderenza all'antico canone 'ndranghetista: "davanti alla gran curti non si parra, pochi paroli e cull'occhiuzzi 'nterra, l'omu chi parra assai sempre la sgarra, culla sua stessa lingua s'assutterra". Dell'era di Giginu Palermo restava solo una sedia vuota in un bar, quella riservata "aru miagliu du Cimbalinu".

posted by Schloss Adler @ 16:38,