Bobby

Robert KennedyIl 18 marzo 1968, nel corso della campagna elettorale presidenziale, Robert Francis Kennedy (RFK) tenne un discorso presso l'Università del Kansas, a Lawrence. Sono passati quarant'anni ma quelle parole, talvolta riprese dai pochi che ancora fanno informazione di qualità in Italia, sono ancor oggi attuali e quelle questioni rimangono senza risposta.

"Non troveremo mai un fine per la Nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del Paese sulla base del Prodotto Interno Lordo (PIL). Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette e le ambulanze per sgomberare le nostre autostrade dalle carneficine del fine settimana. Il PIL conteggia la distruzione delle nostre foreste e la scomparsa della nostra natura. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari e con il costo dello stoccaggio dei rifiuti industriali. Il PIL non prevede la bellezza della nostra poesia o la solidarietà dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Il PIL non misura la nostra arguzia, il nostro coraggio, la nostra saggezza e la nostra conoscenza, né la nostra compassione. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta."

RFK morì il 6 giugno 1968: il giorno prima, mentre festeggiava la vittoria alle primarie all'Ambassador Hotel di Los Angeles, fu ferito a morte, in diretta televisiva e in circostanze mai del tutto chiarite, da Sirhan Bishara Sirhan. È stato un peccato, per tutti gli abitanti del Mondo, che un politico come lui non abbia governato gli Stati Uniti d'America.

posted by Schloss Adler @ 08:46,

Until the end of the World

Cabo da RocaAl contrario di quello che talvolta si sente dire, i predecessori di Cristoforo Colombo non erano affatto convinti del fatto che la Terra fosse piatta: l'ombra circolare proiettata sulla Luna al verificarsi di un'eclisse lunare bastava, secondo Aristotele, a certificare la forma sferica del Mondo; Eratostene di Cirene stimò che la circonferenza del Globo terrestre fosse di 46.250 chilometri, una misura vicinissima a quella reale. Ciò nonostante, per gli abitanti dell'Europa del Quattrocento il Mondo era ancora molto limitato: Marco Polo si era spinto a Est, verso le Indie, raggiungendo la Cina già nel 1262; gli esploratori del principe Enrico il Navigatore si erano diretti verso Sud, esplorando la costa occidentale dell'Africa e raggiungendo la Sierra Leone nel 1460; verso Ovest, oltre Cabo da Roca, c'era l'inesplorato, c'era la fine del Mondo.

Il 12 ottobre 1492, quando Colombo approdò sull'isola di San Salvador, si aprì una nuova era: la frontiera era stata definitivamente abbattuta, l'orizzonte disvelato, oltre il mare non c'era più l'ignoto. Cabo da Roca da quel giorno perse la sua funzione di capolinea occidentale del Mondo ma rimase a testimoniare la caparbietà dell'uomo, la sua capacità di dominare le forze della Natura e di spingersi sempre un passo oltre il limite. Oggi è una località frequentata da frotte di turisti, che vi giungono incuriositi dalla possibilità di recarsi nel punto più occidentale d'Europa. È un luogo di presenzialismo in salsa Lonely Planet, ma per fortuna non è solo quello: Cabo da Roca è l'essenza stessa del viaggio, del confine, punto di partenza e di approdo, a seconda che dalla terra si guardi verso il mare o viceversa. Essere arrivati là dove, per dirla con le parole di Luís Vaz de Camões, "a terra se acaba e o mar começa" è stata un'emozione per la quale devo ringraziare M. e la sua testardaggine. È stato un balzo all'indietro di cinquecento anni, è stato come guardare alla fine del Mondo nell'anno del Signore 1492. È stato bellissimo, e basta.

posted by Schloss Adler @ 21:34,