Corso di de-formazione professionale

Nei giorni scorsi l'azienda mi ha convocato per un corso di de-formazione: dopo soli quattro anni di impiego nel ruolo di Analista Funzionale, qualcuno ha deciso che era giunto il momento di farmi evolvere verso nuovi orizzonti, di implementare le mie conoscenze, di rifasare i miei skills alla mutevole realtà del business. Titolo del corso: "Analisi Funzionale". Nemmeno uno straccio di sottotitolo, ecchediamine, potevano aggiungere un adeguatissimo (vista la poca anzianità nel ruolo) "per neo-assunti" oppure un esotico (ché adesso l'inglese va parecchio di moda) "for dummies".

Insomma, senza sottotilo e motivato come non mai, stamattina mi sono presentato in aula: alcune facce note, colleghi sconosciuti e sonnecchianti, amici ritardatari, docente "esterno", di una società di consulenza, lombardo molto trendy e very-business-oriented, affiancato da una collega "interna", toscana poco trendy anzi very-old-fashioned. Le prime ore sono trascorse fra giri di tavolo, presentazioni reciproche, giochini di società e introduzioni alla materia. Il lombardo parla, parla, e parla, la toscana sonnecchia, sorride e a volte interviene. E mentre il lombardo ci spiega l'importanza della raccolta dei dati, e della succesiva analisi, è ormai evidente l'uso spropositato che fa di un singolo avverbio: eventualmente. Le ripetizioni non si contano, a volte partono delle vere prodezze linguistiche: doppiette e triplette di eventualmente nella stessa frase. Essere buoni Analisti, come egli stesso afferma, è questione di tecnica e metodo: decido di studiare la materia con rigore scientifico, elaboro una linea d'azione consistente in cinque osservazioni successive di sei minuti ciascuna, intervallate da dieci minuti di pausa, mi convinco che i dati così raccolti dovrebbero essere sufficienti ad astrarre dal contesto particolare e a trarre delle valide conclusioni di massima.

Prima osservazione: dalle 14.18 alle 14.24, 13 eventualmente. Seconda osservazione: dalle 14.34 alle 14.40, 23 eventualmente. Terza osservazione: dalle 14.50 alle 14.56, 15 eventualmente. Quarta osservazione: dalle 15.06 alle 15.12, 13 eventualmente. Quinta osservazione: dalle 15.22 alle 15.28, 9 eventualmente. Il bravo Analista che è in me ha ora a disposizione tutti i dati per le sue elucubrazioni matematiche. La media semplice di tutte le osservazioni conduce a un primo risultato strabiliante: 14,6 eventualmente ogni sei minuti equivalgono a 2,4 eventualmente al minuto. Volendo conferire maggiore attendibilità allo studio, decido di escludere le osservazioni estreme, quelle con i valori massimi e minimi, quindi la seconda e la quinta. La media semplice delle tre osservazioni residue conduce a un secondo risultato, forse ancor più strabiliante del primo: 13,6 eventualmente ogni sei minuti equivalgono a 2,2 eventualmente al minuto. Questo è un risultato molto prossimo a una realtà generalizzabile. Decido a questo punto di essere umano e flessibile, come ogni buon Analista dovrebbe essere, e di procedere all'abbuono dei decimali: il risultato finale è, quindi, di 2 eventualmente al minuto. Questo è un davvero un supercampionissimo, uno da proporre a Mike Bongiorno per la prossima edizione di Genius.

Il corso volge ormai al termine e prima di uscire dall'aula faccio ancora due conti e un paio di riflessioni: 2 eventualmente al minuto fanno 120 eventualmente all'ora. Sarà pure un supercampionissimo, ma questo non rispetta i limiti di velocità, se lo beccano i vigili gli appioppano un bel verbale. E, infine, mi avvio verso casa rimuginando sul fatto che 120 eventualmente all'ora per otto ore di corso fanno 960 eventualmente al giorno che dovrò sorbirmi domani e dopodomani. E' a questo punto che l'Analista deve dare il meglio di sé, quando si tratta di trarre delle conclusioni: ho deciso, eventualmente domani mi do malato.

posted by Schloss Adler @ 18:58,

Il bello della memoria

Secondo il Dizionario De Mauro, la memoria è, tra le altre cose, la "facoltà della mente umana di conservare, ridestare in sé e riconoscere nozioni ed esperienze del passato". Nei cinque anni di Governo del Centrodestra, abbiamo assistito impotenti a tutta una serie di boutades che ci venivano proposte con cadenza quasi quotidiana dal Presidente del Consiglio, dai Ministri e da Sottosegretari vari.

Una, davvero meravigliosa, fu quella dell'allora Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, il quale nell'agosto del 2002 cercò di convincere l'opinione pubblica del fatto che i valori metallici fossero tra i principali responsabili dell'inflazione incontrollata, tanto da spingersi ad affermare che: "alla moneta si tende a non dare valore, alla banconota sì. Cercherò di convincere l'Europa a fare l'euro di carta, così come c'è il dollaro di carta. Lo proporremo, speriamo che ci ascoltino".

A distanza di circa quattro anni, arriva una autorevolissima e incontrovertibile smentita di quelle goffe affermazioni: a partire dal 2007, la Zecca degli Stati Uniti metterà in circolazione monete da un dollaro. Incredibile ma vero, gli Stati Uniti d'America, l'unica superpotenza economica mondiale, il modello unico di riferimento dei Tremonti, Baldassarri, Brunetta e compagnia gracchiante, non hanno paura dell'inflazione da monetina. Qualcuno, per favore, chiami il buon Giulio e gli dica di rimangiarsi quella puttanata.

posted by Schloss Adler @ 14:38,

Mauro Nesti

Coppa Sila 1976 - Mauro Nesti su LolaIl traguardo della corsa era posto esattamente al Valico di Montescuro: 1633 metri sul livello del mare, recita tuttora un tabellone giallastro sforacchiato dai colpi di fucile esplosi per divertimento da cacciatori di passaggio. Un'ultima curva a destra, un rettilineo lungo un centinaio di metri, poi i piloti venivano accolti dalla bandiera a scacchi e dall'imponente statua di un Cristo in croce che sovrasta il Valico e domina la valle sottostante, che si estende a perdita d'occhio fino al Lago di Cecita. La partenza era posta una quindicina di chilometri più a valle, in località Acquacoperta, nei pressi dell'Hotel "Petite Etoile", lo stesso dove nei giorni precedenti la corsa alloggiavano i piloti stranieri, perlopiù tedeschi e francesi. Sì, perchè la Coppa Sila era una gara valida per il Campionato Europeo della Montagna, una delle più dure, a detta degli esperti.

Le auto erano suddivise in varie categorie, si andava dalle piccolissime Fiat 500 "truccate" alle Porsche di serie, ma il vero clou era la categoria dei "prototipi": le auto più veloci e i piloti migliori appartenevano tutti a questa elite. C'erano le bellissime vetture costruite dai vari Lola, Osella e Dallara. C'erano, ovviamente, tutti gli esponenti dell'automobilismo sportivo locale, tutti o quasi aderenti alla Scuderia Cosenza Corse, la stessa che organizzava l'evento: vere e proprie dinastie in alcuni casi, come quella della famiglia Scola, Domenico, alias Don Mimì, il patriarca e i suoi figli, tutti piloti. C'erano gli altri, i vari Ritacca, Reda, Casciaro, Pecora. E poi c'era lui, il Campionissimo, il Toscanaccio, il Re della Montagna: Mauro Nesti.

La prima volta che lo vidi avevo 7 anni. Quel giorno, alle prove ufficiali della gara che si tenevano di sabato, mi aveva portato un mio zio. Ci eravamo posizionati in uno dei migliori punti di osservazione lungo il tracciato, un lungo rettilineo preceduto da un doppio tornante e seguito da una serie di curve strettissime che i piloti affrontavano a folle velocità. Le auto si succedevano a cadenza regolare, una ogni due minuti circa, ma a volte l'attesa era maggiore a causa degli incidenti che inevitabilmente coinvolgevano i piloti meno esperti. E tutti, intorno a me, ripetevano incessantemente un solo nome: Nesti. Quando parte Nesti? Che tempo ha fatto Nesti alle prove non ufficiali di ieri? Ce la farà Nesti a battere il suo record? E via di questo passo per un paio d'ore, ché i piloti iscritti erano oltre un centinaio e prima di arrivare agli ultimi di tempo ce ne voleva. Poi venne il momento.

Un rombo assordante, la "scalata" violenta per passare dalla quinta marcia alla seconda ed affrontare il primo tornante, aggredito con assoluta padronanza del mezzo. L'accelerazione potente e l'inserimento, solo per poche decine di metri, della terza marcia, prima di reinserire la seconda e affrontare il secondo tornante. E poi l'uscita dalla curva, la terza, la quarta e la quinta marcia scaricate a terra con inaudita violenza, pur in totale padronanza del mezzo, non una sbavatura nell'impostazione delle traiettorie, non un'asincronismo nella successione delle cambiate. Eccolo, è lui, è Mauro Nesti sulla sua splendida Lola color celeste, con l'enorme adesivo dello sponsor - Cebora - sul muso della scocca. Furono attimi brevissimi e intensissimi: osservai la sagoma dell'auto perdersi dietro le curve che seguivano il rettilineo, sentii il rombo del motore scemare man mano che la vettura si allontanava. Pensai che avrei voluto essere al suo fianco, come passeggero, per vedere che effetto fa sedere accanto a un campione, sentire la paura della velocità perdersi nella fiducia verso di lui. Lo conoscevo appena, eppure era già il mio idolo.

Ora che quei tempi sono andati per sempre, che vivo lontano da quei luoghi, che la Coppa Sila non la organizzano più, che non ci sono più piloti come lui, capaci di vincere oltre 400 gare, stabilire decine di record, e fare affermazioni tipo "ho fatto tre curve alla grande, peccato che non c'era un bar, mi sarei pagato da bere..." mi tornano in mente quei ricordi, mi sento un po' nostalgico e scrivo queste righe per dirgli un semplice: Grazie, Mauro.

posted by Schloss Adler @ 12:09,