Corse agli sportelli e panici bancari

Crisi del 1929Nel 1936 John Maynard Keynes diede alle stampe la sua Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta, un testo che nel corso dei decenni successivi divenne una pietra miliare del pensiero economico. Keynes affermava, tra le altre cose, che una parte dell'agire umano in materia di investimenti può essere spiegata solo dagli animal spirits - slanci animali - ovvero dallo stimolo spontaneo e in una certa misura irrazionale ad agire, piuttosto che dal calcolo preciso dei benefici attesi in futuro. Il concetto di animal spirits può essere utilizzato, per estensione, per spiegare ogni azione umana che riguardi l'ambito economico-finanziario: probabilmente non esiste in natura un investitore completamente razionale, una persona cioè che per decidere della destinazione dei propri risparmi si lasci guidare soltanto dall'analisi comparata dei rendimenti dei conti offerti dalle varie banche, oppure dai dettami del Capital Asset Pricing Model. Per comprendere questo fatto, è sufficiente pensare a quello che accade a ognuno di noi nella vita di tutti i giorni: l'apertura di un conto presso una determinata banca o l'acquisto di uno specifico titolo azionario ci vengono spesso "suggeriti" da amici e colleghi di lavoro in conversazioni informali e il peso di queste "informazioni" nella scelta finale è tutt'altro che trascurabile. Appare quindi naturale cercare di spiegare alcuni fenomeni recenti alla luce di queste considerazioni nonché degli insegnamenti di Keynes e di alcuni suoi successori: la crisi della Northern Rock è, in tal senso, un caso da manuale.

In un articolo pubblicato nel 1983 sul Journal of Political Economy e intitolato Bank Runs, Deposit Insurance and Liquidity, Douglas W. Diamond e Philip H. Dybvig proposero un modello secondo il quale la crisi della singola banca si spiega col fatto che tutti gli istituti di credito trattengono sotto forma di riserva solo una frazione dei depositi raccolti, in modo da rispondere alla domanda di liquidità a breve termine dei propri depositanti. Le richieste di rimborso vengono soddisfatte dalle banche sulla base del principio del first-come, first-served - primo-arrivato, primo-servito: i rimborsi vengono effettuati sequenzialmente, fino a saturazione della capacità di restituzione dell'istituto. Tuttavia, se una porzione consistente dei depositanti sperimenta uno shock di liquidità e ritira i propri depositi anticipatamente, può accadere che tra gli altri clienti si diffonda la paura che un numero elevato di depositanti proceda a prelevare anticipatamente, così favorendo un assalto agli sportelli della banca. Nasce così un bank run - corsa agli sportelli - l'elemento che sta alla base del fallimento e dell’insolvenza della singola banca. Si tratta di una situazione per certi versi assurda, nella quale l'istituto potrebbe avere una struttura patrimoniale solidissima, essere gestito in maniera cristallina, ma la crisi di liquidità conseguente alla corsa agli sportelli potrebbe renderlo incapace di adempiere al proprio obbligo di rimborso e portarlo al fallimento. Ancor più grave è ciò che potrebbe accadere se la crisi si estendesse alle altre banche: le strettissime relazioni che intercorrono fra i vari attori del mercato interbancario, potrebbero favorire la degenerazione del bank run in un vero e proprio bank panic - panico bancario - ovvero una crisi sistemica capace di mettere in ginocchio l'intera infrastruttura finanziaria di una nazione. Nel modello di Diamond e Dybvig e in tutta la letteratura inerente l'argomento, il sistema più efficace per prevenire le corse agli sportelli e i panici bancari è identificato nella creazione di sistemi di assicurazione dei depositi bancari.

Un sistema di assicurazione dei depositi può essere definito come la risultante di provvedimenti legislativi o di accordi di autoregolamentazione, tali da far sì che il rimborso delle somme depositate presso un istituto di credito aderente al sistema sia garantito, in misura integrale o parziale, indipendentemente dalle condizioni di liquidità e di solvibilità della banca stessa. Per quanto riguarda i 25 paesi aderenti all'Unione Europea, la garanzia dei depositi bancari è una realtà fattuale e legislativa: la Direttiva 94/19/CE relativa ai "sistemi di garanzia dei depositi" ha imposto la creazione di sistemi di tutela dei depositi bancari, laddove mancanti, nonché definito i criteri minimi cui i sistemi esistenti e quelli di nuova creazione devono uniformarsi. Da uno studio pubblicato nel 2006 dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, il sistema di garanzia dei depositanti del mercato bancario italiano, risulta che il livello medio di copertura calcolato sui 25 paesi dell'Unione è pari a circa 27.000 euro. Il livello minimo armonizzato di tutela è fissato dalla Direttiva in 20.000 euro, una soglia che non viene raggiunta solo in tre paesi di recente ingresso nell’UE: Estonia, Lettonia e Lituania. Nelle tre repubbliche baltiche, tuttavia, sono già in corso processi di adeguamento graduale della garanzia che si completeranno entro il primo gennaio 2008.

Crisi del 2007Sulla scorta di tutto ciò che abbiamo letto sui quotidiani o ascoltato alla radio e in televisione nelle ultime settimane, appare realistico parlare di una spirale perversa di self-fulfilling prophecies - profezie che si auto-realizzano - alimentata dalla diffusione colposa o dolosa di fear, uncertainty, and doubt - paura, incertezza e dubbi. Le parole rassicuranti del Ministro delle Finanze d'Inghilterra, Alistar Darling, e dell'Amministratore Delegato della Northern Rock, Adam Applegarth, non sono riuscite a frenare il panico dei risparmiatori, un'emorragia di liquidità spaventosa che sta spingendo la banca inglese verso il baratro. La stampa, anche quella specializzata, sbatte in prima pagina le immagini delle filiali assaltate dai risparmiatori, ma nessuno spiega che ogni depositante del Regno Unito è garantito dal Financial Services Compensation Scheme per una cifra pari a 31.700 sterline, al cambio attuale oltre 45.000 euro. Ancor peggio, lo spettro della crisi viene agitato anche in Italia, il paese che ha il livello di garanzia per depositante più alto dell'intera Unione Europea, dopo aver convertito il vecchio limite di 200 milioni di lire pre-esistente alla Direttiva in 103.291,38 euro. I piccoli risparmiatori europei, ad oggi, hanno tutte le ragioni per essere tranquilli: la Grande Depressione è nient'altro che un triste ricordo del passato.

posted by Schloss Adler @ 12:33,

Santiago del Cile, 11 Settembre 1973

Sicuramente questa sarà l’ultima opportunità in cui posso rivolgermi a voi. La Forza Aerea ha bombardato le antenne di Radio Magallanes. Le mie parole non contengono amarezza bensì disinganno. Che siano esse un castigo morale per coloro che hanno tradito il giuramento: soldati del Cile, comandanti in capo titolari, l’ammiraglio Merino, che si è autodesignato comandante dell’Armata, oltre al signor Mendoza, vile generale che solo ieri manifestava fedeltà e lealtà al Governo, e che si è anche autonominato Direttore Generale dei carabinieri. Di fronte a questi fatti non mi resta che dire ai lavoratori: Non rinuncerò! Trovandomi in questa tappa della storia, pagherò con la vita la lealtà al popolo. E vi dico con certezza che il seme affidato alla coscienza degna di migliaia di Cileni, non potrà essere estirpato completamente. Hanno la forza, potranno sottometterci, ma i processi sociali non si fermano né con il crimine né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli.

Lavoratori della mia Patria: voglio ringraziarvi per la lealtà che avete sempre avuto, per la fiducia che avete sempre riservato ad un uomo che fu solo interprete di un grande desiderio di giustizia, che giurò di rispettare la Costituzione e la Legge, e cosi fece. In questo momento conclusivo, l’ultimo in cui posso rivolgermi a voi, voglio che traiate insegnamento dalla lezione: il capitale straniero, l’imperialismo, uniti alla reazione, crearono il clima affinché le Forze Armate rompessero la tradizione, quella che gli insegnò il generale Schneider e riaffermò il comandante Ayala, vittime dello stesso settore sociale che oggi starà aspettando, con aiuto straniero, di riconquistare il potere per continuare a difendere i loro profitti e i loro privilegi.

Mi rivolgo a voi, soprattutto alla modesta donna della nostra terra, alla contadina che credette in noi, alla madre che seppe della nostra preoccupazione per i bambini. Mi rivolgo ai professionisti della Patria, ai professionisti patrioti che continuarono a lavorare contro la sedizione auspicata dalle associazioni di professionisti, dalle associazioni classiste che difesero anche i vantaggi di una società capitalista. Mi rivolgo alla gioventù, a quelli che cantarono e si abbandonarono all’allegria e allo spirito di lotta. Mi rivolgo all’uomo del Cile, all’operaio, al contadino, all’intellettuale, a quelli che saranno perseguitati, perché nel nostro paese il fascismo ha fatto la sua comparsa già da qualche tempo; negli attentati terroristi, facendo saltare i ponti, tagliando le linee ferroviarie, distruggendo gli oleodotti e i gasdotti, nel silenzio di coloro che avevano l’obbligo di procedere. Erano d’accordo. La storia li giudicherà.

Sicuramente Radio Magallanes sarà zittita e il metallo tranquillo della mia voce non vi giungerà più. Non importa. Continuerete a sentirla. Starò sempre insieme a voi. Perlomeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno che fu leale con la Patria. Il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi. Il popolo non deve farsi annientare né crivellare, ma non può nemmeno umiliarsi. Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore.

Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!

Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento.

posted by Schloss Adler @ 09:10,

Il comunismo dei tamburini

E siamo a due. Due biciclette rubate sotto casa nel giro di un mese, in una Firenze sfibrata dalle polemiche tra i pro-lavavetri, gli anti-tramvia, gli anti-sounasegaio e un'amministrazione comunale che per molti si muove sempre e comunque in direzione ostinata e contraria. Nella Firenze di Leonardo Domenici e di Graziano Cioni, messi definitivamente in archivio il gusto del bello di Brunelleschi, l'acume politico di Machiavelli e la vis polemica di Savonarola, ogni notte è una notte bianca popolata da orde di puttane e ubriachi, le strade della periferia sono il teatro di sfide all'ultimo centimetro cubico fra emuli di Alonso e Raikkonen, pisciatoi a cielo aperto, campi di calcio improvvisati. E io sono confuso. Si, sono confuso, e la mia è una confusione politica, un'autentica crisi di identità, perchè in una realtà simile non capisco più chi o cosa dovrebbe rappresentarmi. Il nascente Partito Democratico ha in grembo i valori nei quali mi sono riconosciuto per tutta la mia vita, ma il suo nucleo sarà costituito da quegli stessi personaggi, dirigenti dei Democratici di Sinistra e della Margherita, che per governare questo strampalato Paese hanno bisogno dei voti della sinistra estrema, devono scendere a patti con il comunismo dei tamburini.

Il tamburino comunista, in forma contratta tamburista, è facilmente riconoscibile: se è donna ha calze multicolore, gonna patchwork, camicetta etnica, foulard equo-solidale e balla al ritmo di canzoni partigiane delle quali ignora profondamente il significato; se è uomo ha jeans sdruciti, camicia a quadri, giacca di velluto, sciarpa andina e suona i bonghi senza avere un cazzo di senso del ritmo; se è parlamentare è Caruso. Insomma, il tamburista è quel soggetto che non analizza i fenomeni sociali a 360 gradi, al massimo arriva a 30 o 40 e per giunta senza risciacquo. Dice che i provvedimenti legalitari di Cofferati a Bologna e di Domenici a Firenze sono fascisti, perchè bisogna accogliere tutti, bisogna esercitare la solidarietà verso chi sta peggio di noi. Ed è vero che la sinistra ha sempre avuto nella sua anima solidale uno degli aspetti più felici della sua esistenza, ma io mi chiedo come sia possibile definire solidarietà una politica che è invece lassismo, incuria, miopia e incapacità di gestire la cosa pubblica. Non capisco dove stia la solidarietà nel pretendere che si lascino entrare in Italia decine di migliaia di poveracci per poi lasciarli nelle mani degli sfruttatori o abbandonarli a se stessi a vivere di elemosina.

Mentre scrivo queste righe, di pancia, so benissimo che mi si potrebbe definire un qualunquista, uno di quelli che sparano nel mucchio, che dall'alto del loro scranno di mini-borghesi o pseudo-ricchi si rifugiano nella difesa del proprio orticello innalzando la bandiera della tolleranza zero. Ma non è così: non sono Pier Paolo Pasolini, però anche io so pur non avendo né prove né indizi. Mi basta informarmi, osservare la realtà che mi circonda, collegare fatti tra loro solo apparentemente slegati. So che importare nuovi poveri e renderli ancora più poveri è un crimine contro l'umanità, tanto quanto lo sarebbe ignorare le emergenze umanitarie del Congo, del Darfur o dello Sri Lanka. So che i nuovi poveri sono costretti, per sopravvivere, a muoversi al margine della legalità, a prendere il peggio della nostra cultura, a vivere gomito a gomito con delinquenti italiani da strapazzo. So tutte queste cose. E ho una speranza.

Spero che le mie biciclette le abbia prese un immigrato povero, uno di quelli miti, che quando li incontri quasi si scusano di esistere, di disturbare. Spero che abbia fatto tutto da solo e che sia riuscito a rivenderle a un prezzo tale da permettergli di dare da mangiare per un po' alla propria famiglia. Lo spero e gli chiedo scusa. Gli chiedo scusa perchè io sono italiano, proprio come il tamburista, come colui che lo illude e lo violenta, giorno dopo giorno. Se invece le mie biciclette le ha prese un professionista, uno dei tanti ladri di biciclette italiani o romeni, a lui mi rivolgo soltanto con le parole di Antonio Albanese: "Prego madre natura di infradiciarti di emorroidi, di darti emicranie continue e nausea dirompente. Prego madre natura di farti muto, ma non per sempre, minchia, muto ma non per sempre. Che la voce ti venga sporadicamente per pochi secondi nei quali tu spari delle cazzate immani. Prego madre natura di farti cieco, ma non per sempre, minchia, cieco ma non per sempre. Che la vista ti venga sporadicamente per pochi secondi, proprio nel momento in cui ti trovi davanti a uno specchio, cosicchè tu sia costretto a vedere quella gran faccia di culo che ti ritrovi!"

posted by Schloss Adler @ 15:09,

Una lapide per Mauro De Mauro

La storia dell'Italia Repubblicana è costellata di una serie di vicende oscure: Piazza Fontana, Ustica, la stazione di Bologna, il Vajont, il Golpe Borghese, il Piano Solo, Enrico Mattei, Luigi Tenco, Luigi Calabresi, Pier Paolo Pasolini, Michele Sindona, Roberto Calvi, la banda della Magliana, il mostro di Firenze, la banda della Uno bianca. Nomi di luoghi, nomi di persone che rimandano immediatamente a una locuzione entrata nel linguaggio quotidiano: Misteri d'Italia. In un libro che trae il titolo da questa espressione, Massimo Centini scrive che "mistero è una parola che in certi casi inquieta, qualche volta spaventa, spesso affascina. Se questa parola è abbinata al nostro Paese, allora acquista toni che sono destinati a suggerire una diversa chiave di lettura della storia, dei fatti grandi e piccoli sui quali si basa la nostra memoria." A volte, spesso a distanza di molti anni dai fatti, su questi Misteri d'Italia si aprono degli squarci di luce, si accertano verità parziali, ma rimangono comunque dei fatti non spiegati, delle zone d'ombra. Come nel caso della sparizione di Mauro De Mauro.

La sera del 16 settembre 1970 Mauro De Mauro, all'epoca giornalista de "L'Ora" di Palermo, aveva appena parcheggiato la sua BMW nei pressi della sua abitazione, in via delle Magnolie, quando sua figlia Franca lo vide parlottare con tre uomini e poi risalire a bordo dell'auto che ripartì sgommando. L'auto fu ritrovata il giorno dopo a qualche chilometro di distanza dall'abitazione di De Mauro con le chiavi ancora inserite nel cruscotto, un chiaro segnale in tutti i casi di lupara bianca. Da allora di Mauro De Mauro non si seppe più nulla. Ci furono oltre vent'anni di silenzio poi, dopo le stragi mafiose del 1992, i primi pentiti iniziarono a rilasciare dichiarazioni: parlarono Gaspare Mutolo, Tommaso Buscetta, Antonino Calderone, Francesco Marino Mannoia, Gaetano Grado e infine, nel 2001, Francesco Di Carlo. Il padrino di Altofonte raccontò ai magistrati che De Mauro "fu ucciso perché aveva scoperto che Borghese e la mafia si erano alleati per il golpe" e che l'omicidio fu ordinato da Stefano Bontate, Gaetano Badalamenti e Salvatore Riina dopo un incontro avvenuto a Roma tra gli esponenti di Cosa Nostra, il principe Junio Valerio Borghese e alcuni rappresentanti dei Servizi Segreti Militari. Gli esecutori materiali del delitto furono Emanuele D'Agostino, Stefano Giaconia e Bernardo Provenzano: salirono in macchina con De Mauro, abbandonarono la BMW in via Pietro D'Asaro e poi, a bordo di un'altra auto, proseguirono verso un casolare di Santa Maria del Gesù, il regno di Stefano Bontate. Qui De Mauro fu torturato e interrogato, poi venne strangolato. Di Carlo raccontò che il corpo del giornalista fu sepolto nei pressi della foce del fiume Oreto ma nonostante le ricerche effettuate a seguito delle sue rivelazioni, i resti di De Mauro non sono mai stati ritrovati.

L'8 agosto 2007 è stato pubblicato 'Ndrangheta eversiva, ultima fatica di Arcangelo Badolati, Capo Servizio della Gazzetta del Sud che, come De Mauro, si è trovato spesso a indagare su fatti di cronaca nera. Badolati, basandosi su una serie di atti della Questura e della Procura di Catanzaro nonchè sulle dichiarazioni del boss Antonio De Sensi, fornisce una possibile soluzione all'enigma del cadavere scomparso. Nell'agosto del 1971 la Questura di Catanzaro rese noto il ritrovamento del corpo di un uomo, ormai in avanzato stato di decomposizione, rinvenuto in una buca scavata sulle montagne di Conflenti, piccolo centro in provincia di Catanzaro. Il cadavere venne riconosciuto dal figlio dell'uomo, Federico Belvedere, come appartenente a Salvatore Belvedere, pregiudicato evaso dal carcere di Lamezia Terme nel giugno del 1970. Nell'aprile del 1978 la Procura di Catanzaro comunicò a tutte le Questure d'Italia che persistevano forti dubbi sull'identificazione del cadavere e che le ricerche di Belvedere dovevano riprendere. Si arrivò, quindi, al 1984 quando il già citato De Sensi rivelò a un investigatore che il corpo ritrovato a Conflenti non era quello di Salvatore Belvedere ma, bensì, di Mauro De Mauro. Secondo De Sensi la sostituzione del cadavere, decisa di comune accordo da alcuni esponenti di vertice della 'Ndrangheta e di Cosa Nostra, avrebbe avuto la duplice finalità di agevolare la latitanza di Belvedere e di risolvere il problema della definitiva sparizione del corpo di De Mauro. Si tratta di una tesi senza dubbio suggestiva che tuttavia trova almeno una conferma nelle dichiarazioni rese nel 2001 da Maria Bellone, vedova di Ezio Calaciura, collega di De Mauro nella redazione de "L'Ora" morto in uno strano incidente stradale nel marzo del 1973 in Calabria. La signora Bellone disse che dopo la scomparsa di De Mauro suo marito aveva iniziato a indagare per conto proprio sulla vicenda e aggiunse di aver nutrito sin dal principio dei forti dubbi sulla tesi dell'incidente automobilistico. Dubbi che le furono confermati quando, a poco tempo dalla morte di Calaciura, alcuni esponenti di Cosa Nostra le offrirono una grossa somma di denaro in cambio del rottame dell'auto.

Quando Ugo Foscolo si trovò, in polemica con il poeta francese Guillon, a fornire una interpretazione autentica del suo carme "Dei Sepolcri", scrisse che i monumenti funebri, "inutili ai morti, giovano ai vivi, perché destano affetti virtuosi lasciati in eredità dalle persone dabbene." Forse per dare ai parenti di Mauro De Mauro una lapide sulla quale piangerlo basterebbe un esame del DNA.

posted by Schloss Adler @ 10:04,