Memorie di una Trabant

A volte l'orrore si nasconde dietro una sigla. Poche lettere si maneggiano meglio di una frase, fanno meno paura allo stesso carnefice e poi è anche una questione di tempo, di ritmo. Una sigla suona meglio. DDR suonava meglio di Deutsche Demokratische Republik - Repubblica Democratica Tedesca. SED suonava meglio di Sozialistische Einheitspartei Deutschlands - Partito Socialista Unificato Tedesco. STASI suonava meglio di Ministerium für Staatssicherheit - Ministero per la Sicurezza di Stato. VOPO suonava meglio di Volks-Polizisten - Poliziotto del Popolo. IM suonava meglio di Inoffizieller Mitarbeiter - Collaboratori non Ufficiali. Il suono era migliore, ma quelle sigle facevano paura lo stesso.

Leipzig 1989Fra il 1950 e il 1989 i cittadini della Germania Orientale hanno vissuto quattro decadi di orrore, organizzato scientificamente dai più alti vertici del Partito Socialista e messo in atto dalla Stasi grazie al contributo fondamentale dei Collaboratori non Ufficiali. I numeri dell'apparato erano imponenti: è stato stimato che nel 1989 la Stasi potesse contare su un esercito di circa 90.000 effettivi e 170.000 collaboratori, come dire che ogni mille abitanti della DDR cinque lavoravano per la Stasi e dieci ne erano informatori. Dal punto di vista dell'organizzazione, la Stasi non era dissimile dalla Gestapo del Terzo Reich. La differenza fondamentale consisteva nei metodi di controllo della popolazione: l'orrore prodotto dalla Stasi era perlopiù psicologico, non produceva effetti visibili, non vi erano spargimenti di sangue massivi. Il 3 dicembre 1992, nel corso del processo che lo vedeva imputato dinanzi al tribunale di Berlino per la morte di 192 persone, uccise dai poliziotti di frontiera mentre tentavano di scavalcare il Muro, l'ultimo presidente della DDR, Erich Honecker, rispose quasi stizzito alle accuse che gli venivano mosse: "nella DDR non c'erano campi di concentramento, non c'erano camere a gas, sentenze politiche di morte, tribunali speciali, non c'erano Gestapo né SS. La DDR non ha fatto guerre e non ha commesso crimini di guerra contro l'umanità. La DDR è stata un paese coerentemente antifascista che godeva di altissimo prestigio internazionale per il suo impegno in favore della pace." La dottrina del predecessore di Honecker, Walter Ulbricht, si sostanziava nel progetto di fare dei cittadini della DDR una "collettività umana socialista" e aveva come implicito corollario la trasformazione di tutti i nemici dello Stato, veri o presunti che fossero, in Zielpersonen - Persone Obiettivo - sottoposti a Operative Personenkontrolle - Controllo Personale Operativo - ovvero a una combinazione di intercettazioni, pedinamenti, perquisizioni, interrogatori e minacce miranti alla totale emarginazione del soggetto, che spesso diveniva egli stesso un Collaboratore, pur di sfuggire parzialmente alla stretta soffocante dell'apparato. Parzialmente, perchè gli stessi Inoffizieller Mitarbeiter erano spiati, in una società che lo stesso George Orwell avrebbe faticato ad immaginare al di fuori di 1984.

Archivi StasiLa Rivoluzione Pacifica del 1989 iniziò a Lipsia. Fra le migliaia di cittadini che manifestavano quotidianamente il loro dissenso alla SED al grido di "Wir sind das Volk - Wir sind ein Volk!" - Noi siamo il popolo - Noi siamo un popolo! - c'era anche Julia, una mia amica. Aveva solo 14 anni, ma i suoi genitori avevano deciso che dovesse essere una protagonista attiva nel processo di cambiamento in corso. Non era stata una decisione semplice: la repressione della Polizia, soprattutto durante le prime manifestazioni, fu dura. La vita di Julia cambiò per sempre il 9 novembre 1989, quando il portavoce della SED, Günter Schabowski, diede involontariamente l'ultima spallata al Muro, affermando che i cittadini della DDR avrebbero potuto ottenere i visti per i viaggi all'estero "ab sofort" - "da subito". Mentre Julia festeggiava il crollo del regime ballando nelle strade affollate di Lipsia, centinaia di suoi concittadini si dirigevano verso un imponente palazzo situato sul viale Dittrichring: là, in quella imponente costruzione dagli angoli arrotondati, conosciuta infatti col nome di Runde Ecke era situato il quartier generale della Stasi. Quei cittadini volevano salvare la memoria, strappare dalle grinfie dei burocrati, che già da diversi giorni lavoravano senza sosta per distruggere tutto, le migliaia di dossier accumulate dal Grande Fratello di regime nel corso di quarant'anni e in parte riuscirono nell'intento. Si calcola che in tutta la ex DDR quasi centottanta chilometri lineari di dossier della Stasi siano sopravvissuti al crollo del regime. A riunificazione avvenuta, fu deciso che le persone direttamente coinvolte, cioè quelle calunniate o spiate, potessero accedere a quell'enorme mole di documenti, la cui cura e conservazione fu affidata all'istituto Birthler-Behörde. Il giorno in cui i genitori di Julia andarono a consultare gli archivi, scoprirono che i loro vicini di casa li spiavano, che mentre si godevano una vacanza di qualche giorno sul lago Balaton, in Ungheria, la loro casa era stata riempita di microspie, che la loro corrispondenza era stata filtrata per anni. I genitori di Julia erano Zielpersonen e di conseguenza lo erano anche le loro figlie. Erano intellettuali, il papà un matematico all'università e la mamma una scrittrice, non erano iscritti alla SED. Erano potenziali nemici del Popolo e dello Stato.

L'orrore delle sigle si può leggere nei libri. Il dossier di Timothy Garton Ash, difficilissimo da rintracciare in lingua italiana, è un piccolo gioiello di prosa nel quale l'autore, controllato dalla Stasi durante la sua permanenza a Berlino del 1978, ripercorre a ritroso la sua esperienza nella DDR e dopo aver consultato i dossier che lo riguardavano rintraccia alcune delle spie che lo avevano controllato e li intervista, per cercare di capire i motivi della loro scelta. L'orrore delle sigle si può vedere al cinema. Le vite degli altri di Florian Henckel von Donnersmarck è un ritratto della DDR dei primi anni ottanta, a tratti spietato ma fondamentalmente carico di speranza nelle virtù degli uomini, incentrato sulla figura di un capitano della Stasi che, incaricato di spiare una coppia di artisti, avrà modo di rivedere molte delle sue convinzioni sul "socialismo irreale" della DDR. Ogni volta che leggo libri come Il dossier o guardo film come Le vite degli altri mi tornano in mente i racconti che Julia mi fece di quegli eventi e mi viene voglia di ringraziarla, per avermi regalato decine di immagini di quella'epoca visti con gli occhi di una persona della mia età. L'orrore delle sigle si può ascoltare dalla viva voce di una persona amica. E fa un po' meno male.

posted by Schloss Adler @ 08:25,

Ich bin zweiunddreißig

London Library After RaidDiceva Ludwig Feuerbach che "quanto più si estende la grande conoscenza dei buoni libri, tanto più si restringe la cerchia degli uomini di cui ci è gradita la compagnia." Non credo di essere un grande conoscitore di buoni libri, sono piuttosto una sorta di orso pantofolaio, una di quelle persone che "datemi un libro e vi sopporterò il mondo." Nella mia vita ho conosciuto più libri che persone e per fortuna alcune persone le ho capite più di certi libri. Gli amici di cui mi circondo, una decina di persone in tutto, quelle che meglio che sopportano il mio dark side of the moon, ieri sera c'erano quasi tutti e chi non ha potuto esserci non ha mancato di far sentire la propria presenza anche a distanza. Erano tutti lì, i miei amici e l'altra metà del mio cielo, a festeggiarmi. Abbiamo mangiato, bevuto, parlato e riso. Poi mi hanno regalato dei libri bellissimi. E sono stato felice.

posted by Schloss Adler @ 10:11,

Nomen omen

Alla Coop capita di incontrare dei vecchietti arzilli coi quali le chiacchiere nascono facili, nell'attesa che arrivi il proprio turno al banco dei salumi. A volte l'attesa è davvero lunga, si ha il tempo di presentarsi reciprocamente, di chiacchierare dei temi a loro più cari, quali la politica, i prezzi e il clima. Dopodichè ognuno prosegue per la sua strada. Serviamo il numero 56! Il tempo dei saluti è una variabile esogena.

"La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 Maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi è vinta." Così iniziava il "Bollettino della Vittoria", emesso dal Comando Supremo dell'Esercito Italiano alle ore 12 del 4 novembre 1918 per annunciare la vittoria dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale. Una guerra combattuta dai poveri, soprattutto dai contadini, molti dei quali rimasero fortemente impressionati da quegli eventi e da quelle parole, al punto di decidere di dare ai propri figli il nome di colui che aveva sottoscritto il documento, il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Italiano. "Firmato Diaz", si concludeva così il Bollettino. Firmato, come il nome del mio nuovo amico: avrebbe dovuto chiamarsi Armando, ma va bene anche così.

posted by Schloss Adler @ 10:02,